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Introduzione di Georg Brandes a Memorie di un rivoluzionario (1903)

mar 14 ott 2025

Introduzione

(1903)
di Georg Brandes
 
 
Fonte: Georg Brandes, «Introduzione» in Pëtr Kropotkin, Le memorie di un rivoluzionario, Baraldi & Fleischmann, Mantova, 1903.
 
Le autobiografie di cui noi siam debitori ai grandi intelletti, sono generalmente conformate su uno dei tre tipi seguenti: «In questo modo io traviai dal retto sentiero; poi ritrovai la vera strada» (Sant’Agostino); oppure: «Io fui così corrotto; ma chi oserà proclamar sé stesso migliore?» (Rousseau); oppure: «Questa è la via per la quale un genio lentamente compì la sua evoluzione dal suo interno e per opera di un ambiente favorevole» (Goethe). In ognuna di queste forme di auto-rappresentazione, l’autore si occupa sovratutto di sé stesso.
Nel decimonono secolo le autobiografie degli uomini notevoli sono spessissimo tracciate su queste linee: «Tanto talento ed attrattive io possedetti; tanta stima ed ammirazione io conquistai!» (Giovanna Luisa Keiberg, Una vita vissuta nelle rimembranze); oppure: «Così ricco di talento io fui e così degno di essere amato; ma quanto pure fui inapprezzato; e queste furono le ardue lotte che io sostenni prima di ottenere il bacio della fama» (Hans Christian Andersen, La fiaba della mia vita). In questi due tipi di autobiografie l’autore si occupa soltanto di quelli fra i suoi contemporanei che hanno pensato o parlato di lui.
L’autore dell’autobiografia che ci sta dinnanzi non si occupa delle proprie capacità e, per conseguenza, non ci descrive alcuna lotta per procacciarsi rinomanza. Anche meno egli si cura dell’opinione dei suoi contemporanei a suo riguardo; di ciò che gli altri abbiano pensato di lui egli fa cenno solo una volta e con una semplice parola.
Non è questa un’opera in cui si rifletta solo l’immagine di uno. L’autore non è di quelli che volentieri parlino di sé; ma lo fa con riluttanza e con una certa timidezza. Non vi si trovano confessioni che mettano a nudo l’intimo io, né vi si fa mostra di sentimentalismo o di cinismo. L’autore non vi parla dei suoi difetti né delle sue virtù; non entra in volgare intimità col lettore. Non vi racconta quando cade in amore, e così pochi accenni egli fa alle sue relazioni coll’altro sesso che persino non fa menzione del suo matrimonio: solo incidentalmente noi apprendiamo com’egli si sia ammogliato, e basta. Solo una volta, nella rapida scorsa degli ultimi sedici anni di sua vita, trova il tempo per annunziarci com’egli sia padre, e padre amoroso.
Egli ha più premura di darci la psicologia de’ suoi contemporanei che di sé stesso. In questo libro potrete trovare la psicologia della Russia ufficiale e delle masse assoggettate, della Russia che lotta per l’avvenire e della Russia inerte. L’autore si sforza di tracciar più la storia dei suoi contemporanei che la sua propria. Il racconto della sua vita comprende quindi la storia della Russia dei suoi tempi, nonché la storia del movimento operaio d’Europa durante l’ultimo mezzo secolo. Quando anche egli s’immerge nel suo stesso intimo mondo, noi scorgiamo in esso riflesso il mondo esterno.
Ciò malgrado, noi riscontriamo in questo libro un intento analogo a quello che si prefisse Goethe in Dichtung und Wahrheit, la manifestazione del come siasi formato un notevole intelletto; e, analogamente alle Confessioni di Santo Agostino, vi ritroviamo la storia di una crisi interna corrispondente a quella che nel tempo antico chiamavasi conversione. Infatti questa crisi interna è il punto di svolta e il nocciuolo di tutto il libro.
Al momento odierno esistono solo due grandi russi che pensino per il popolo russo, e i cui pensieri appartengono all’umanità: Leone Tolstoi e Pietro Kropotkin. Tolstoi ci ha spesso narrato, con frase poetica, brani di sua vita, Kropotkin ci dà qui per la prima volta senza poetico rivestimento, un rapido sguardo sulla sua intera esistenza.
Per quanto radicalmente differiscano questi due uomini, avvi un parallelo che può tracciarsi tra la loro vita e il loro modo di veder la vita. Tolstoi è un artista, Kropotkin uno scienziato; ma né l’uno né l’altro, in un certo periodo di sua vita, può trovar pace in continuar l’opera alla quale aveva consacrato le sue innate capacità. Considerazioni religiose per Tolstoi e sociali per Kropotkin li spingono ad abbandonar la strada sulla quale si erano primieramente avviati. Entrambi traboccano di amore per 1’umanità tutta, ed unanimi essi combattono severamente l’indifferenza, la noncuranza, la crudeltà e la brutalità delle classi superiori; entrambi soffrono per la vita dei calpestati e maltrattati uomini del popolo. Entrambi scorgono più viltà che stupidità nel mondo. Entrambi sono idealisti ed hanno temperamento da riformatori. Entrambi sono per natura amanti della pace: e Kropotkin è forse più pacifico dei due, benché Tolstoi predichi sempre di pace e condanni coloro che assumono il diritto nelle loro proprie mani e ricorrono alla forza, mentre Kropotkin giustifica le loro azioni ed è in amichevoli rapporti coi terroristi. Il punto nel quale i due scrittori più differiscono è il loro atteggiamento verso l’uomo d’intelligenza e di educazione come verso la scienza che Tolstoi, nel suo religioso fervore, disdegna e denigra, mentre Kropotkin stima l’uno e l’altra, pur condannando nel tempo stesso gli uomini di scienza che si fanno dimentichi del popolo e delle sue miserie.
Molti uomini e molte donne hanno compiuto durante la loro vita grandi opere, senza che per questo la loro vita sia stata grande. Molte persone sono interessanti, benché abbiano vissuto una vita insignificante e ordinaria. La vita di Kropotkin è insieme grande e interessante.
In questo volume ci è dato di ritrovare una combinazione di tutti gli elementi dei quali si compone una vita intensamente ricca di eventi: l’idillio e la tragedia, il dramma e il romanzo. L’infanzia trascorsa a Mosca e in provincia, il ritratto di sua madre, delle sue sorelle e dei suoi insegnanti, oppure dei vecchi e fidati servitori, le parecchie dipinture della vita patriarcale, sono cosi magistralmente riprodotte che ogni cuore ne rimane toccato. I paesaggi, la storia dell’affetto insolitamente intenso fra i due fratelli, tutto questo è puro idillio. Disgraziatamente, accanto ad esso, vi sono abbastanza dolori e sofferenze, la durezza nella vita famigliare, i crudeli trattamenti verso i servi, ed una quasi insensibilità e mancanza di cuore che sono come le stelle dirigenti degli umani destini.
Vi è varietà, vi son catastrofi drammatiche; la vita alla Corte e la vita in prigione; la vita in mezzo all’alta società russa e la vita passata in povertà tra il proletariato lavoratore di Londra e della Svizzera. Vi son mutamenti di costume come in un dramma, giacché il primo attore deve apparire di giorno, riccamente vestito, nel Palazzo d’inverno, ed alla sera deve recarsi travestito da contadino a predicar la rivoluzione nei sobborghi. E vi è anche un elemento impressionante, insito nel racconto stesso. Benché nessuno, più di Kropotkin, usi uno stile e una intonazione semplice, tuttavia alcune parti della sua narrazione, per la natura degli avvenimenti di cui trattano, eccitano intensamente l’interesse, più di quelle novelle create apposta per riuscire impressionanti. Si leggono così con interesse tale da rattenere il fiato, i preparativi per la fuga dall’ospedale e dalla fortezza dei Santi Pietro e Paolo e l’ardita esecuzione del piano. Pochi uomini hanno, come Kropotkin, frequentato tutte le classi sociali; pochi, come lui, conoscono tutte queste classi. Qual pittura è mai quella di Kropotkin, piccolo fanciullo dai capelli arricciati, vestito con un costume di fantasia, che se ne sta presso l’imperatore Nicola, oppure funzionante da paggio, al seguito dell’imperatore Alessandro, come in idea di proteggerlo! E quest’altra: Kropotkin, chiuso in una terribile prigione, in atto di respingere il granduca Nicola, o di ascoltare le sciocchezze sempre più grosse di un contadino confinato in una cella proprio sotto i suoi piedi!
Egli ha vissuto la vita dell’aristocratico e del lavoratore; è stato paggio di camera dell’imperatore e scrittore non rimunerato; ha vissuto la vita dello studente, dell’ufficiale, dello scienziato, dell’esploratore di terre sconosciute, dell’amministratore e del rivoluzionario perseguitato. In esilio egli ha dovuto alle volte vivere di tè e di pane come un contadino russo, ed è stato esposto allo spionaggio ed ai complotti contro la sua vita, non meno di un imperatore di Russia.
Pochi uomini si sono, come Kropotkin, aggirati in un più vasto campo di esperienza. Nello stesso tempo ch’egli è capace, come geologo, di contemplare un’evoluzione di centinaia di migliaia d’anni, egualmente egli ha assimilato tutta quanta la evoluzione storica del tempo da lui vissuto. Alla educazione scientifica e letteraria ch’egli seppe formarsi agli studii e all’università (quale la conoscenza delle lingue, delle belle lettere, della filosofia e delle alte matematiche) egli accoppiò di buon’ora quella educazione che si ottiene nelle officine e nei laboratorii, come pure in campo aperto: lo studio delle scienze naturali, dell’arte militare, delle fortificazioni, delle macchine, degli opificii. Il suo bagaglio intellettuale è universale. Come quest’attiva intelligenza deve aver sofferto quando fu costretta all’inazione durante la prigionia! Qual prova di resistenza e quale esercizio di stoicismo! Kropotkin dice in qualche parte che un personaggio moralmente sviluppato deve presiedere alla fondazione di ogni organizzazione. Questo può applicarsi a lui stesso. La vita ha fatto di lui una delle pietre angolari su cui poggerà l’edificio della città futura. La crisi nella vita di Kropotkin presenta due punti di svolta che occorre menzionare.
Si appressava al trentesimo anno, l’anno decisivo nella vita degli uomini. Con tutto il cuore e con tutta l’anima egli si è consacrato alla scienza, e già ha compiuto una scoperta scientifica di valore. Ha scoperto che le carte dell’Asia del nord sono sbagliate; e non solo che le vecchie concezioni della geografia asiatica sono false, ma che anche le teorie di Humboldt sono in contraddizione coi fatti. Per più di due anni egli è stato immerso in laboriose ricerche. Poi, tutto d’un tratto, egli scorge nello splendore d’un certo giorno irradiantesi su di lui, la vera relazione dei fatti; e comprende che le principali linee della struttura dell’Asia non corrono da nord a sud né da ovest ad est, ma da sud-ovest a nord-est. Egli sottomette questa scoperta alla prova, l’applica a numerosi fatti separati, e la prova si fa. Ora egli conosce la gioia della rivelazione scientifica nella sua forma più alta e più pura; egli sente quanto la sua azione abbia efficacia di elevazione nella mente.
Poscia sopraggiunge la crisi. La gioia si muta in dolore, perché egli pensa che tal gioia è solo patrimonio di pochissimi; e si domanda se ha il diritto di procurarla ad essi soltanto. E sente che il suo più alto dovere è questo: compier l’opera sua elevando la massa del popolo a comprender le cognizioni già acquistate, piuttosto che lavorare a realizzare nuove scoperte.
Per parte mia, io non credo ch’egli avesse ragione. Con simili concezioni, Pasteur non sarebbe stato il benefattore dell’umanità ch’egli fu. Dopo tutto, ogni cosa, in ultima analisi, ridonda a vantaggio della massa del popolo. Io penso che uno dà il suo massimo contributo pel comune benessere quando compie la più intensa produzione possibile. Ma questa fondamentale nozione è caratteristica in Kropotkin e rivela l’essenza del carattere di lui.
E questa tendenza del suo spirito è a lui di guida anche in seguito.