Introduzione di Nicolas Walter a Memorie di un rivoluzionario (1969)
Libro
Memorie di un rivoluzionario
Kropotkin
PROSSIMA USCITA
mar 14 ott 2025
Introduzione all’edizione Dover
(1969)
di Nicolas Walter
Fonte: Nicholas Walter, «Introduzione» in Memoirs of a Revolutionist, Dover Publications Inc., New York, 1971.
Pëtr Alekseevič Kropotkin è stato il più noto dei rivoluzionari esuli dalla Russia prima del 1917 e Memorie di un rivoluzionario è il più noto di tutti i suoi scritti. Di certo è un libro che si può apprezzare anche senza sapere niente del suo autore e in un certo senso non ha bisogno di introduzioni. Ma Kropotkin non era un uomo semplice, e questo non è un libro semplice; inoltre racconta una storia finita molto prima che lui la scrivesse e Kropotkin visse ancora a lungo dopo averla scritta. Dunque il libro si apprezza molto meglio sapendo qualcosa della sua vita – soprattutto gli anni più tardi – e dei problemi suscitati dal libro stesso.
Il primo è che il titolo è fuorviante (è forse significativo che Kropotkin avrebbe preferito il titolo più neutrale di A proposito di una vita, in effetti usato nell’edizione francese, Autour d’une vie, ma prevalse la scelta dell’editore). Kropotkin fu un rivoluzionario militante solo per un tempo relativamente breve. Nacque nel 1842 da una famiglia dell’aristocrazia russa e fu educato per preservarne la tradizione, cosa che fece per un terzo della vita. Come molti suoi contemporanei, cominciò a nutrire dubbi sul regime zarista già in giovane età, ma la rottura vera e propria si consumò solo nel 1867 con l’abbandono della carriera militare e soltanto nel 1872 si impegnò in un’opposizione attiva entrando a far parte del Circolo Čajkovskij. Questo percorso di crescita e cambiamento è descritto in grande dettaglio nella prima metà delle Memorie, ma bisogna sottolineare che Kropotkin inaugurò un’attività rivoluzionaria propriamente detta solo alla soglia dei trent’anni.
Dal 1872 al 1886 condusse la vita di un tipico agitatore rivoluzionario ottocentesco. Viaggiò in Europa occidentale per familiarizzare con il movimento socialista e al ritorno in Russia aderì al movimento populista; fu arrestato e incarcerato senza processo; evase e fuggì dalla Russia, trovando rifugio in Europa dell’ovest, dove si unì al movimento anarchico; fu di nuovo arrestato e incarcerato dopo un processo farsa e ricevuta l’amnistia riparò in Inghilterra. Questo periodo burrascoso è descritto approfonditamente nella seconda metà delle Memorie, ma di nuovo bisogna sottolineare che la sua attività di rivoluzionario durò appena quattordici anni (cinque dei quali passati in prigione).
Dal 1886 al 1917 visse in Inghilterra e fu in quegli anni che scrisse le Memorie. Nel 1897 visitò per la prima volta l’America del Nord, per partecipare al convegno della British Association for the Advancement of Science a Toronto, e colse l’opportunità per viaggiare attraverso il Canada e tenere conferenze in varie località degli Stati Uniti. A New York incontrò Walter Hines Page, direttore dell’«Atlantic Monthly», che gli commissionò una serie di articoli autobiografici. Gli articoli uscirono sul periodico dal settembre 1898 al settembre 1899, con il titolo di Autobiografia di un rivoluzionario; una versione più estesa uscì in volume in Inghilterra e Stati Uniti nel 1899, con il titolo Memorie di un rivoluzionario. L’introduzione era del critico danese Georg Brandes (1842-1927), che l’aveva conosciuto a Londra nel 1895 e che restò in corrispondenza con lui dal 1896 al 1919; Kropotkin gli chiese di scrivere l’introduzione per l’edizione del 1899.
Le Memorie sono forse il suo scritto più bello (lo stile in inglese è senz’altro migliore, presumibilmente grazie alla revisione di Richard Heath,1831-1912, un amico e autore cristiano socialista) e tracciano un quadro indimenticabile della Russia di metà Ottocento, del movimento populista russo negli anni Settanta del secolo e del movimento anarchico in Europa occidentale tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma qui sorge il secondo problema: lungi dall’essere descritti con la dovizia di dettagli dei quaranta precedenti, i dodici anni tra l’arrivo in Inghilterra e la redazione delle Memorie sono liquidati nella dozzina di pagine conclusive. Kropotkin visse altri ventidue anni dopo aver scritto il libro e, sebbene soffrisse affezioni bronchiali di anno in anno sempre più gravi, restò attivo fino alla fine.
Il risultato è che le Memorie dicono moltissimo della prima metà della sua vita, ma quasi nulla della seconda. È un gran peccato che abbia tagliato corto il racconto là dove finisce il libro, e che non l’abbia mai ripreso per aggiornarlo prima della scomparsa. In seguito, purtroppo, non sono apparse biografie davvero soddisfacenti e lo studio finora migliore – The Anarchist Prince, di George Woodcock e Ivan Avakumovič – è vecchio di vent’anni e ormai da tempo fuori stampa. Prima di affrontare i problemi suscitati da alcuni aspetti del libro, vale dunque la pena di offrire un breve resoconto della sua vita tra il 1886 e il 1921 affinché il lettore sappia qualcosa di quanto non è contenuto nelle Memorie.
All’altezza del 1886 Kropotkin era l’anarchico più famoso al mondo. Conservava le sue convinzioni rivoluzionarie, ma senza coinvolgimenti diretti con l’attività rivoluzionaria. Era arrivato in Inghilterra nel momento di fioritura del movimento socialista e vi contribuì in modi importanti. Da subito partecipò alla fondazione della casa editrice Freedom Press, rimasta da allora il principale veicolo della propaganda anarchica in Inghilterra. Era identificato con l’ala anarchica del movimento socialista, ma non si lasciò confinare dalle etichette. Si rivolse a pubblici di sinistra di ogni genere in ogni parte del paese e spesso partecipava a raduni per commemorare eventi come la Comune di Parigi, la rivolta di Haymarket o ai comitati di accoglienza di illustri visitatori stranieri a Londra. Partecipò in forma minore a episodi come la rivolta di Bloody Sunday del 1887 e il grande sciopero dei portuali del 1889. Era in buoni rapporti con vari gruppi politici della sinistra e amico di leader come William Morris, H. M. Hyndman, Keir Hardie e Bernard Shaw. Ma fu influente soprattutto sull’anarchismo e l’ascesa del movimento anarchico in Inghilterra nei tardi anni Ottanta dell’Ottocento dovette molto alla sua presenza nel Paese.
All’interno del movimento anarchico la sua influenza principale fu in favore della ragionevolezza e contro l’estremismo. Lui stesso diventò sempre più intellettuale e meno militante. Dopo il 1890 scrisse ancora qualche articolo per la rivista «Freedom» e di tanto in tanto partecipò alle riunioni, ma senza quasi prendere parte all’attività politica, salvo in circostanze particolari, per esempio quando intervenne al raduno di protesta contro l’esclusione degli anarchici dal congresso della Seconda Internazionale, tenutosi a Londra nel 1896 o quando intercedette con un ministro del Gabinetto liberale (un ex leader socialista) per impedire la deportazione dell’anarchico italiano Errico Malatesta nel 1912 (era già intervenuto precedentemente con la polizia per ottenere il rilascio di un altro rivoluzionario straniero, nientemeno che il leader bolscevico Lenin! L’episodio è riferito da Harold Brust nel primo volume del suo I Guarded Kings. The Memoirs of a Political Police Officer, Londra, 1935, ma il livello di accuratezza generale del libro è talmente basso da imporre una certa cautela).
Fu più strettamente coinvolto con il movimento francese, anche se non poté visitare il paese per diciotto anni. Scrisse molto di più per la stampa anarchica francese che per quella inglese e gran parte dei suoi articoli, opuscoli e libri politici fu pubblicata in prima battuta in Francia e tradotta in inglese (oltre che in molte altre lingue) solo in un secondo tempo. Nel 1892 è segnalato in un rapporto segreto della polizia di Parigi come membro di spicco di un gruppo che si riteneva coordinasse il movimento anarchico internazionale da Londra; i dettagli erano campati per aria, ma la segnalazione dà una buona indicazione del rilievo della sua figura. Nel 1896 le autorità francesi gli rifiutarono l’ingresso nel paese per un ciclo di conferenze, revocando il divieto solo nel 1905.
In Inghilterra diede una ben diversa impressione di sé. Per quanto ne sappiamo, non si parlò mai di espellerlo dal Paese; il suo unico scontro con le autorità fu per aver avuto un cane senza la licenza prevista della legge! Conduceva un’esistenza di rispettabilità quasi borghese insieme alla moglie e alla figlia – e a volte una domestica – in una serie di casette di periferia (nei pressi di Londra, a Harrow, Acton, Bromley, Highgate e poi a Kemp Town, a est di Brighton). Diversamente da molti altri esuli russi, non fece alcun tentativo di recuperare il sostanzioso patrimonio che si era lasciato indietro e lavorò duro per mantenersi, scrivendo articoli scientifici per quotidiani, riviste e libri di consultazione.
Kropotkin non era un semplice pubblicista. Sebbene non avesse più condotto ricerche scientifiche originali dopo la partenza dalla Russia, godeva una meritata reputazione di scienziato per l’opera realizzata in passato. Le sue teorie sull’orografia, la glaciazione e la desertificazione dell’Asia, pubblicate in Russia negli anni Settanta dell’Ottocento e in Inghilterra trent’anni dopo, sono riconosciute a tutt’oggi come preziosi contributi alla geografia fisica. Ma Kropotkin fu attivo anche in molti altri campi e fu sempre particolarmente interessato all’applicazione delle scoperte della scienza naturale nel miglioramento della società umana. Così, in Campi, fabbriche, officine (1899), propose l’impiego di tecniche agricole avanzate per razionalizzare e umanizzare le economie dei paesi industrializzati; nel Mutuo appoggio (1902) suggerì che il principio di cooperazione, importante almeno quanto quello della competizione nell’evoluzione biologica, si poteva adottare per favorire l’evoluzione sociale dell’umanità; e in La scienza moderna e l’anarchia (1901) suggerì che il progresso delle scienze, sia naturali sia sociali, muoveva nella direzione dell’ideale anarchico.
Due delle sue opere più tarde sono abbastanza importanti da meritare un discorso a sé. La sua unica grande incursione nell’ambito della storia, La grande rivoluzione (1909), rappresenta uno dei primissimi tentativi di descrivere la Rivoluzione francese dal punto di vista del popolo, e di impiegare in modo adeguato il materiale sui movimenti popolari degli anni Novanta del Settecento. La sua opera sull’etica, cui si dedicò per parecchi anni con un’attenzione pressoché esclusiva verso la fine della vita, non fu mai portata a termine e venne pubblicata incompiuta un anno dopo la morte.
In Europa continentale era visto come un anarchico che per coincidenza si era occupato anche di scienza; nel mondo anglosassone era considerato piuttosto uno scienziato che per coincidenza era anche anarchico. Come intellettuale di spicco – oltre che principe russo – era ampiamente rispettato in Inghilterra e America del Nord, a volte in misura persino imbarazzante. Nel 1894, la britannica «Contemporary Review» pubblicò un suo profilo intitolato Il nostro rifugiato più illustre e questo tipo di trattamento – a dispetto dei suoi sforzi per scoraggiarlo – non poteva non avere effetti. Le sue opinioni politiche erano accettate come un’eccentricità romantica, tanto da rendergli difficile fare in modo che venissero prese sul serio. Per contro, la sua fama servì a rendere l’anarchismo più accettabile a molti che in caso contrario l’avrebbero respinto senza indagine e Kropotkin seppe esercitare una forte influenza personale anche in circostanze apparentemente sfavorevoli. Quando mio nonno lo conobbe, nel 1902, l’incontro avvenne a casa di Sir Hugh Low, un ex amministratore coloniale, e ciononostante Kropotkin riuscì a convertire mio nonno all’anarchismo!
Si conoscono molti aneddoti sulla tenacia delle sue convinzioni. Rifiutò di alzarsi per un brindisi alla salute del re a un banchetto organizzato per lui dalla Royal Geographical Society; rifiutò l’invito a diventare membro a pieno titolo della Society perché era sotto il patrocinio reale; rifiutò di prendere in considerazione l’offerta di una cattedra di geografia a Cambridge, per non rischiare restrizioni alla sua libertà di parola e di azione; rifiutò ogni forma di accomodamento con i governi russo e francese quando cercarono di avviare negoziati con lui; e rifiutò sempre di concedere interviste alla stampa.
Ma pur senza mai scendere a compromessi con i poteri costituiti, Kropotkin modificò le proprie posizioni, soprattutto in merito alla guerra. Internazionalismo e antimilitarismo sono da sempre principi fondanti del movimento anarchico. Lui stesso fu senz’altro un cosmopolita: visse in vari paesi, parlava molte lingue, ne leggeva ancora di più e aveva amici e corrispondenti in ogni parte del mondo. Non manifestò mai ombra di sentimenti razzisti (la moglie, per inciso, era ebrea). Scrisse un testo eloquente di rifiuto della guerra, che fu incluso nel suo primo libro anarchico e ristampato come opuscolo, e un secondo intervento incluso nel suo ultimo libro anarchico, di nuovo ristampato come opuscolo. Ma negli anni Novanta dell’Ottocento cominciò a scrivere in termini che indicano sia il regime degli Hohenzollern sia i socialdemocratici marxisti in Germania come espressioni di un carattere nazionale e che mostrano un pregiudizio contro la Germania e in favore dell’Inghilterra (il Paese che gli aveva offerto rifugio e permesso di vivere libero) e della Francia (patria della Rivoluzione e della Comune).
Questa tendenza si accentuò nel 1905, quando la rivoluzione in Russia lo indusse a includere il paese tra quelli che andavano difesi. In privato, spinse talmente in avanti il proprio abbandono delle posizioni anarchiche tradizionali al punto da esprimersi in favore di una guerra della Triplice Intesa contro la Germania e di un allargamento della coscrizione per prepararla. Così, nel 1914, allo scoppio della guerra già lungamente prevista, non sorprende che Kropotkin – come molti altri leader di sinistra – si fosse schierato subito e senza esitazioni in favore degli Alleati. La presa di posizione gli guadagnò l’approvazione di liberali e patrioti, ma recise il suo legame con un movimento di cui era parte da quarant’anni. La posizione di Kropotkin non fece quasi breccia tra gli anarchici occidentali e il rimprovero più schiacciante gli venne da un articolo del suo vecchio amico Malatesta, pubblicato sul suo vecchio giornale, «Freedom» (novembre 1914). L’unico luogo in cui esercitò grande influenza fu la Russia, il che ci impone di risalire alle origini del legame con la sua terra natale nel corso del suo lungo esilio.
Al momento di lasciare la Russia, nel 1876, Kropotkin contava di tornare prima possibile, ma presto diventò evidente che non avrebbe potuto riattraversare la frontiera senza un arresto immediato, senz’altro seguito dalla morte in carcere o in Siberia. Nel medesimo periodo, il movimento rivoluzionario russo si andava allontanando dagli ideali anarchici delle origini; l’idea di un governo costituzionale come fine e dell’attentato come mezzo ripugnava Kropotkin, che cessò di avere legami diretti con il movimento poco dopo la morte dello zar nel 1881.
Ma gran parte dei suoi amici erano a loro volta rivoluzionari russi in esilio e Kropotkin restò sempre interessato a quanto stava accadendo in Russia, soprattutto quando l’anarchismo segnò un ritorno sulla scena. A partire dal 1892, gruppi di esuli russi cominciarono a infiltrare in Russia propaganda anarchica dall’Europa occidentale e naturalmente si misero in contatto con lui e diedero risalto ai suoi scritti. Il più influente tra questi fu il libro La conquista del pane, tradotto nel 1902 con il titolo Khleb i Volja (Pane e Libertà); nel 1903, un gruppo costituito in Svizzera si diede quello stesso nome, lanciò un giornale a sua volta chiamato «Khleb i Volja» e produsse un’altra serie di pubblicazioni, di nuovo con gli scritti di Kropotkin in primo piano.
L’anarchismo si diffuse in Russia come mai prima e molti anarchici furono attivi nella rivoluzione del 1905. A quel punto si erano divisi grossomodo in due schieramenti: quelli favorevoli a metodi estremi come la rapina e l’attentato e quelli favorevoli ai metodi tradizionali di propaganda e agitazione; questi ultimi riconoscevano la leadership di Kropotkin, che svolse un ruolo significativo nei congressi degli anarchici russi a Londra e Parigi tra il 1904 e il 1906. Molti esuli tornarono in Russia durante la rivoluzione, e «Khleb i Volja» cessò le pubblicazioni. Kropotkin sperava di seguirli e avviò preparativi per il viaggio (comprese visite al poligono per esercitarsi nell’uso delle armi, a sessantatré anni!). Ma la situazione restava incerta e nell’attesa Kropotkin diresse un nuovo giornale, chiamato «Listki ‘Khleb i Volja’» («Pagine da ‘Khleb i Volja’»). Nel 1907, con la reazione, il movimento anarchico fu soppresso e a quel punto Kropotkin si vide costretto ad abbandonare temporaneamente la speranza di un ritorno, contribuendo però alla stampa anarchica russa fino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Il suo rinnovato coinvolgimento nelle vicende russe non si limitava all’anarchismo. Un esempio di quanto più ampi fossero i suoi interessi fu quando, dopo la sua visita in America del Nord del 1897, suggerì che i duchoborcy, malamente sistemati a Cipro dopo l’espulsione dalla Russia, avrebbero potuto trovare una sede più adatta in Canada, come di fatto avvenne, in parte grazie al suo aiuto. Un altro eminente intellettuale russo che ne sposò la causa fu Tolstòj e circa in quel periodo Kropotkin inaugurò con lui una corrispondenza (tramite il discepolo di Tolstòj, Čertkòv) destinata a durare parecchi anni. Ovviamente era un appassionato di letteratura russa e organizzò il suo secondo viaggio in America del Nord, nel 1901, proprio allo scopo di tenere un ciclo di conferenze sull’argomento al Lowell Institute di Boston. Quelle conferenze sarebbero state la base del suo libro Ideals and Realities in Russian Literature (La letteratura russa), pubblicato a Londra e New York nel 1905 (in seguito non poté più tornare negli Stati Uniti a causa dell’inasprimento delle leggi sull’immigrazione dopo l’assassinio del presidente McKinley per mano dell’anarchico Czolgosz, nel 1901).
Un altro elemento importante è che gran parte dei suoi amici russi non erano affatto anarchici, ma socialisti moderati e soprattutto populisti, come i militanti con cui aveva lavorato negli anni Settanta dell’Ottocento. Stepnjak, partito per i Balcani per unirsi alla sollevazione slava contro i turchi e tornato in Russia per assassinare un capo della polizia, era stato anarchico per un certo periodo di tempo, ma si spostò su posizioni talmente moderate da iscriversi al Partito laburista indipendente (precursore del Partito laburista inglese) alla sua fondazione, nel 1893. Anche Nikolaj Čaijkovskij, un tempo a capo dell’importante gruppo cui era appartenuto Kropotkin, era stato anarchico, ma diventò un leader del populismo di destra russo e dopo la Rivoluzione del 1917 fu a capo di un governo bolscevico di breve durata ad Archangelsk. Quando, nel 1902, fu pubblicata a Londra la prima traduzione russa delle Memorie, furono principalmente i socialrivoluzionari a permetterne la diffusione in Russia. Nel 1908, quando il giornalista socialrivoluzionario Vladimir Lvovich Burtsev additò il leader socialrivoluzionario Evno Fišelevič Azef come una spia della polizia, Kropotkin presiedette la corte onoraria costituita a Parigi che giudicò fondate le accuse. I suoi legami con il partito si rafforzarono nel 1910, quando la figlia sposò un giovane socialrivoluzionario chiamato Boris Lebedev.
Vent’anni dopo aver lasciato la Russia, godeva uno status di decano tra i rivoluzionari esuli e, sebbene le sue posizioni anarchiche fossero ben note, seppe rappresentare il movimento nella sua interezza. In Inghilterra ne fu il portavoce ufficioso, scrivendo in più occasioni come portavoce del movimento sulla stampa liberale. Durante la repressione seguita alla rivoluzione del 1905 fu impegnato nei lavori del Comitato parlamentare russo, un gruppo di pressione che univa esuli russi e radicali inglesi, e scrisse un opuscolo per il Comitato intitolato Il Terrore in Russia (1909).
Di nuovo, pur senza mai abbandonare la sua identità anarchica, mutò posizione. Entro il 1905 prevedeva che una rivoluzione russa potesse arrivare soltanto ai risultati di quella francese del 1789 – vale a dire sostituire lo zarismo con una repubblica parlamentare invece di un governo socialista – e allo scoppio della prima guerra mondiale si spostò persino più a destra dei socialrivoluzionari, istituendo contatti con i «Cadetti» (i democratici-costituzionali liberali) e scrivendo in favore della guerra sul loro giornale, «Russkie vedomosti» (Gazzetta russa). Il suo sostegno alla guerra e le nuove affiliazioni politiche fornirono munizioni agli oppositori di sinistra del conflitto che respingevano anche l’anarchismo e il suo esempio fu usato – soprattutto dai bolscevichi – per screditare l’intero movimento anarchico. Ma persino in Russia la sua influenza aveva un limite e Kropotkin perse i contatti con i gruppi rivoluzionari rimasti fedeli ai loro principi.
All’inizio della rivoluzione del 1917 fece ritorno in patria per la prima volta dopo oltre quarant’anni di esilio. Si mise in contatto non con gli anarchici o i socialrivoluzionari, ma con figure come L’vov, il liberale che fu a capo del primo governo provvisorio, e Kerenskij, il socialista moderato che gli succedette. Anzi, Kerenskij gli offrì un incarico nel Gabinetto e benché Kropotkin fosse ancora abbastanza anarchico da declinarla l’offerta è indicativa del rilievo della sua posizione. Nell’agosto 1917, quando intervenne alla Conferenza di Stato dei rappresentanti di tutti i Partiti a Mosca, il suo fu un appello per la proclamazione di una repubblica e per una nuova offensiva contro la Germania. Il suo commento sulla presa di potere bolscevica del novembre 1917 – «È la tomba della rivoluzione» – fu forse più determinato dalla loro opposizione alla guerra che dalla loro tendenza alla dittatura, anche se si rivelò profetico.
La caduta del governo provvisorio nel 1917 e la fine della guerra nel 1918 lo liberarono da una posizione spiacevole e la sua aperta contestazione del regime comunista lo riportò nell’alveo anarchico. Riallacciò i contatti con i leader del movimento, oltre che con molti visitatori stranieri. Nel 1919 incontrò anche Lenin e fece quanto era nel suo, limitato, potere per prevenire alcuni dei primi eccessi del nuovo regime. Nei suoi ultimi scritti politici, Lettera ai lavoratori d’occidente e Cosa fare?, entrambi del 1920, sostenne due tesi apparentemente contradditorie ma di fatto complementari: che i comunisti stavano distruggendo la rivoluzione e che le interferenze straniere in Russia dovevano finire. In gioventù era passato dalle posizioni moderate all’estrema sinistra, dal liberalismo dell’Illuminismo russo (prosvetitelstvo) negli anni Sessanta dell’Ottocento attraverso il socialismo del movimento populista russo (narodničestvo) nei primi Settanta all’anarchismo del movimento operaio dell’Europa occidentale a fine Settanta; negli anni della maturità era tornato gradatamente su posizioni moderate ma ora, alla fine della sua vita, fece ritorno all’anarchismo schierato che aveva sostenuto all’apice della carriera, insistendo che spettava al popolo assumere il controllo del proprio destino.
Morì l’8 febbraio 1921 a Dmitrov, cittadina nei pressi di Mosca. Il governo si offrì di celebrare i funerali di Stato, ma la famiglia non volle saperne e le sue esequie a Mosca furono l’ultima grande manifestazione anarchica in Russia. Più tardi, quello stesso anno, il regime soppresse definitivamente il movimento anarchico. La pubblicazione degli scritti politici di Kropotkin, che avevano cominciato ad apparire nel 1918, si interruppe. Per qualche tempo, la sua casa natale, tramutata nel Museo Kropotkin, tenne in vita il suo ricordo, ma fu chiusa poco dopo la morte della moglie nel 1938. Tuttavia non fu dimenticato: gli furono intestate non soltanto la via in cui era nato ma anche a un’altra strada di Mosca, oltre a una piccola piazza e una stazione della metropolitana; una grande cittadina nel Caucaso e un’altra più piccola in Siberia presero il suo nome, come anche la catena montuosa siberiana che era stato il primo a valicare, nel 1866. Oggi è possibile visitare la sua tomba nel cimitero moscovita di Novodevičij, presso il monastero omonimo. È ancora una figura piuttosto rispettata in patria, sebbene siano in pochi a leggere ancora i suoi scritti.
Tornando alle Memorie di un rivoluzionario, il primo compito è sciogliere i nodi bibliografici. Quando il testo gli fu commissionato, nel 1897, Kropotkin aveva già cominciato a scriverlo, in russo; ma portò a termine il manoscritto in inglese e non ebbe il tempo di completare la versione russa, perciò le edizioni russe del 1902, 1906 e così via furono di fatto traduzioni del testo originale inglese. Tuttavia rimaneggiò parecchi brani e in varie occasioni ne scrisse anche di nuovi, sempre in russo, alcuni dei quali furono inclusi nelle edizioni russe del 1925 e 1929. Alla fine della sua vita aveva scritto quasi tutto il testo in russo, e quel manoscritto fu utilizzato per l’edizione russa del 1933; la più recente edizione in lingua russa, del 1966, riproduce quel testo (con alcune omissioni). Parte del materiale originale comparve in inglese per la prima volta nell’edizione ridotta pubblicata da Doubleday nel 1962 (e ristampata da Peter Smith nel 1967). Questo volume è una ristampa integrale della prima edizione americana, pubblicata da Houghton Mifflin nel novembre 1899 (il testo era appena più breve della prima edizione inglese, uscita a Londra nella medesima data per i tipi della Smith Elder che a sua volta variava per parecchi dettagli importanti). La nostra edizione non comprende nessuna delle parti aggiuntive, ma ne abbiamo ovviamente tenuto conto in questa Introduzione e nelle note al testo, alle pagine 503-540 [Pëtr Kropotkin, Memorie di un rivoluzionario, elèuthera, Milano, 2025, pp. 528-573].
In larga parte il libro è scritto in uno stile talmente chiaro da non necessitare commenti, salvo le esplicitazioni dei riferimenti a persone ed eventi specifici incluse nelle note. Ma merita rilevare alcuni problemi generali. Una piccola osservazione è che Kropotkin tendeva a essere poco accurato sui dettagli di minor conto. È abbastanza naturale, posto che scriveva in fretta e molto tempo dopo gli eventi narrati. Alcune delle sue sviste sono state rettificate nelle note, ma di certo una ricerca più approfondita potrebbe individuarne altre. Un’altra notazione è la sua estrema reticenza sulla sua vita privata. In tema di sesso, per esempio, fu un tipico puritano ottocentesco e affronta l’argomento solo per criticare la condotta disdicevole di altri; non fa il minimo accenno ai propri rapporti con le donne e persino la moglie è citata solo di passaggio. Lo schema si ripresenta anche in altri ambiti. Descrive il suo interesse per le arti, ma non le sue passioni di pianista e paesaggista dilettante. Scopriamo che gli piaceva il tè, ma non molto altro dei suoi gusti personali; gli alcolici e il gioco d’azzardo, passatempi prediletti delle classi agiate russe, non sembrano averlo toccato. Descrive idee e personaggi, ma non volti e voci.
Dunque ricercare rivelazioni intime in questo libro sarebbe un esercizio futile: le memorie di Kropotkin sono essenzialmente politiche. Il che ci porta a un problema di maggior rilievo, ovvero la sua evasività su alcuni aspetti delle due realtà politiche di cui fu partecipe prima di sistemarsi in Inghilterra: il movimento populista russo, dal 1872 al 1874, e il movimento anarchico in Europa occidentale, dal 1876 al 1882. Di nuovo, è comprensibile: Kropotkin avrebbe rischiato di compromettere i vecchi compagni esponendone con troppa franchezza le attività trascorse; ma aveva anche la tendenza a idealizzare il passato e a sminuire il proprio ruolo personale. La lunga indagine storica e i frequenti riferimenti ad altre fonti necessari a colmare le lacune sarebbero fuori luogo in questa sede, ma è importante sottolineare in quali punti la sua testimonianza va presa con cautela.
Secondo il suo resoconto, nel Circolo Čajkovskij non ci furono mai attriti, nemmeno passeggeri. Ma secondo altri membri gli attriti ci furono eccome e non soltanto di peso considerevole, ma per giunta spesso incentrati proprio su Kropotkin. Per cominciare, c’erano stati contrasti sul fatto stesso di accogliere un principe nel gruppo e tempo dopo Kropotkin fu giudicato rigido nelle sue posizioni e dogmatico nell’esporle. Lui stesso, in una delle aggiunte alle Memorie, distingue in modo più netto i moderati, che rappresentavano la maggioranza, e gli estremisti, dei quali era un portavoce di primo piano; ricorda «animate discussioni» sul programma che preparò per il gruppo nel 1873 e il risentimento per le sue critiche ai membri che avevano obiettato alle sue proposte rivoluzionarie. Nel complesso, la sua partecipazione al Circolo fu più turbolenta di quanto le Memorie lascino intravedere.
Anche nel caso del movimento anarchico le Memorie smorzano i contrasti tra le correnti. Nella Federazione del Giura c’era una profonda divisione tra i membri storici – seguaci di Bakunin e collettivisti primariamente interessati al movimento dei lavoratori – e i nuovi venuti, Kropotkin compreso, che respingevano molte delle idee di Bakunin ed erano anarco-comunisti perlopiù interessati a una lotta di più vasta portata. Nel 1880 prevalsero gli anarco-comunisti e il ritiro di Guillaume, Schwitzguébel e Spichiger fu dovuto non soltanto alle difficoltà citate da Kropotkin ma anche a divergenze politiche e personali. Di nuovo, la sua partecipazione al movimento anarchico fu complessivamente più controversa di quanto le Memorie diano a credere.
Un altro aspetto taciuto nel libro è che, sebbene in seguito fosse diventato un deciso oppositore di clandestinità e terrorismo, negli anni Settanta dell’Ottocento Kropotkin fu un cospiratore di primo piano e un propugnatore della propaganda con l’azione. Nel 1877 partecipò all’ultimo convegno dell’Alleanza internazionale dei socialisti democratici, costituita in segreto da Bakunin nel 1868 per infiltrare la Prima Internazionale, e al Convegno di Londra del 1881 difese in privato la formazione di organizzazioni segrete parallele a quelle pubbliche. Sempre nel 1877 contribuì alla stesura di un articolo che chiamava ad agire non soltanto «con le parole, gli scritti» e così via, ma anche «con il pugnale, la pistola e la dinamite» (l’articolo, intitolato Azione fu scritto da Carlo Cafiero, non da Kropotkin, ma uscì su «Le Révolté», il giornale fondato da Kropotkin nel 1879, il 25 dicembre 1880, quando lui ne era ancora direttore principale). È importante capire che Kropotkin fu un personaggio molto più aggressivo di quanto sia possibile desumere dalle sue Memorie o dalla sua reputazione più tarda.
Ma per quanto sminuisse la propria militanza attiva, non sconfessò mai il suo passato. Persino una volta divenuto una figura abbastanza accettabile da indurre una rispettabile rivista americana e poi altrettanto rispettabili editori americani e inglesi a pubblicare le sue memorie, Kropotkin continuò a proclamare la sua fede rivoluzionaria fino alle ultime pagine del libro, anzi, fino agli ultimi giorni di vita. In età avanzata avrebbe occupato una posizione simile a quelle di Voltaire e Tolstòj prima di lui e di Pasternak e Bertrand Russel dopo: quella di un intellettuale sovversivo troppo ostinato per essere addomesticato e troppo famoso per essere zittito, non tanto importante per ciò che diceva o ciò che faceva, ma per ciò che rappresentava. A volte sembra persino una figura troppo ideale per essere vera e senz’altro oggi possiamo dire che peccò di ottimismo sul futuro. Un Kropotkin nella Russia odierna si troverebbe a fronteggiare un regime ben più spietato: il suo arresto avverrebbe nel giro di pochi giorni, non di parecchi anni; riceverebbe un trattamento senz’altro più duro in carcere e gli sarebbe di gran lunga più difficile riuscire a evadere; ammesso di riuscirci, non potrebbe viaggiare liberamente in tutto il mondo; se approdasse in Inghilterra, sarebbe trattato da alieno indesiderabile invece che da ospite onorato; se puntasse agli Stati Uniti, non potrebbe entrarci; se scrivesse ciò in cui crede, avrebbe grandi difficoltà a farsi pubblicare. Mezzo secolo dopo la sua morte, tutto questo rende il suo esempio ancora più necessario. Abbiamo bisogno di più Kropotkin e un buon modo di cominciare è leggere il magnifico resoconto della sua vita.