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Malabou

La rivoluzione? Non c'è mai stata

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PROSSIMA USCITA 

La Rivoluzione francese, quella rottura sociale e immaginaria sulla quale si fondano le nostre democrazie, non è forse sinonimo di uguaglianza e libertà? Non ha definitivamente liberato i corpi dalle catene della condizione servile inventando – contro i privilegi feudali e a garanzia dell’uguaglianza – la proprietà privata accessibile a tutti? Niente affatto, afferma l’anarchico Proudhon già nel 1840. Niente affatto, ribadisce oggi Malabou, che ripercorre la storia della proprietà e dei suoi esclusi fino ai nostri giorni, per concludere – in sintonia con Proudhon – che la Rivoluzione, di fatto, non c’è mai stata.

«La proprietà è il furto!» afferma Proudhon a pochi decenni dagli eventi rivoluzionari. Ma questa icastica affermazione è ampiamente travisata dai suoi contemporanei, a partire da Marx e dalla sua interpretazione economicista della storia. Il furto è infatti soprattutto un furto di memoria e di senso che cancella – occultandola sotto la retorica egualitaria – la nascita della proprietà privata e delle sue nuove tipologie di esclusi: quei proletari (all’interno) o quei colonizzati (all’esterno) che sono solo la versione moderna degli esclusi dell’Ancien Régime (i servi, ma non solo). In definitiva, il 1789 ha sì abolito i privilegi feudali, ma non la condizione servile, reintroducendo un sistema iniquo di distribuzione della ricchezza che ha vanificato una cruciale rivendicazione plebea: la fine delle disuguaglianze. E questo oblio sull’effettivo statuto del regime proprietario e delle dinamiche di dominio che lo sottendono si è non solo costantemente replicato, ma ha persino impregnato alcune critiche contemporanee della proprietà come la teoria dei beni comuni o gli stessi approcci decoloniali.