De Matteis
Gli sciamani non ci salveranno
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Le nuove spiritualità offrono l'arcaico, l'originario e il mondo ancestrale come un parco giochi dove ritrovare la propria intimità per una rinascita individuale. Ma il pensiero nativo non è affatto addomesticato e può insegnarci regole fondamentali come il farsi carico e il prendersi cura. I benefici che la natura ci offre vanno restituiti: non si può solo prendere. In questo è inclusa un'importante regola morale: non è concessa la libertà di arricchirsi a spese della natura, umana e non.
Gli atei di oggi sono molto credenti: più l'Occidente tramonta, più il materialismo dei consumi e della tecnologia diventa irrinunciabile e più si cerca riparo in spiritualità alternative con cocktail autoprodotti di alchimia e tarocchi, metempsicosi, ufo ed esperienze extracorporee... Ma tra lo yoga e la meditazione uno spazio consistente lo ritaglia un nugolo di sedicenti sciamani che invadono la scena sotterranea del misticismo e guidano una vasta clientela alla ricerca di sé. Alle loro spalle si agitano fantasmi molto reali: dal falso sciamano di Capitol Hill a Davi Kopenawa, vero sciamano yanomami divenuto nuova stella dell'ecologia, da Black Elk, Lakota in odore di santità, fino a un misconosciuto saggio maori, Tamati Ranapiri, che ha lasciato una lezione inascoltata dall'Occidente. A partire da qui e al di là dello sciamanesimo «new age», il pensiero nativo, per lo più ignorato quando non dileggiato, andrebbe preso sul serio per le indicazioni importanti che ci offre per il nostro futuro, a cominciare dalla responsabilità di prenderci cura della natura di cui facciamo parte, dopo averla per secoli solo sfruttata.