Latouche
Il disastro urbano e la crisi dell'arte contemporanea

PROSSIMA USCITA
La crisi dell’arte e la concomitante crisi della città non sono eventi fortuiti, o congiunturali, ma l’inevitabile esito di una più generale crisi di cultura che tocca la nostra società. Sono entrambe figlie legittime di quell’immaginario colonizzato dagli imperativi economici che ha portato al disincanto del mondo e che ci ha fatto perdere non solo il senso del bello ma la stessa capacità di fare città e di fare arte, compresa l’arte di vivere.
In questa riflessione a tutto campo che riprende le considerazioni su arte e società di molti precursori della decrescita come Baudrillard o Castoriadis, Latouche analizza in parallelo il disastro urbano e l’insignificanza dell’arte, ripercorrendo le tappe di un declino che ha le medesime origini. Con la cosiddetta globalizzazione si è infatti assistito a una esplosione dell’urbano che è andata di pari passo con una omnimercificazione del mondo. Tutto è diventato commerciabile, persino il corpo umano, il sangue, i geni. Si è passati da una società che ha un mercato a una società di mercato, da una società che ha una crescita a una società di crescita che con la sua pervasiva artificializzazione della vita lacera il territorio, divora lo spazio, rode il senso dei luoghi, disintegra il tessuto sociale. È stata così distrutta ogni capacità di meravigliarsi, a favore di quella replica infinita dello stesso che è il segno distintivo dell’arte contemporanea. Ed è qui che il progetto della decrescita, con i suoi valori etici ed estetici, può fornire gli strumenti – e l’immaginario – per ricostruire non solo il tessuto locale e urbano, ma anche il senso del bello. E re-incantare il mondo.