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La condizione umana nel pensiero libertario

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Cartaceo 15,20 € E-book 8,99 €

La natura umana non è né buona né cattiva, semplicemente è. Gli esseri umani nascono inermi, e dunque hanno bisogno di altri esseri umani che li accudiscano, di adulti che abbiano già interiorizzato le norme e le istituzioni del loro gruppo e le trasmettano. Non c'è pertanto un'essenza umana, ma una condizione umana: la prima è fissa e immutabile, la seconda è malleabile e adattabile; la prima è il regno del dominio, la seconda è il regno della libertà possibile.

 

L'idea di una natura umana perversa e malvagia ha sempre dominato l'immaginario occidentale, alimentando la convinzione che solo istituzioni sociali ferree come lo Stato possono soggiogarla e rendere possibile la convivenza. Ma questa visione gerarchica e disegualitaria ha oltretutto posto una pesante ipoteca sul futuro dell'umanità, proprio perché sostiene che esiste una natura umana, che essa è universale e che pertanto occorre garantirne la realizzazione. Al contrario il pensiero libertario, dai primi classici alle riflessioni contemporanee, rigetta l'idea di una natura umana immutabile, universale, fondativa, e davanti al bivio tra natura e cultura, innatismo e ambientalismo, necessità e libertà, relativismo e universalismo, evita consapevolmente di risolvere in una sintesi la tensione tra questi opposti. Anzi riconosce in un equilibrio volutamente instabile e provvisorio la propria legittima precarietà. In altre parole, il pensiero libertario, e l'anarchismo in particolare, per poter essere coerente con se stesso è obbligato a pensare l'ontologia non come un'essenza ma come una condizione e un divenire.